17 giu 2016

Sogni guidati

(indietro)
Anche in Cina,come in Grecia,la natura era considerata un universo che viveva secondo ritmi immutabili che nessuno avrebbe mai potuto cambiare; l’uomo era un elemento integrato in un ordine più vasto e il suo fare doveva essere orientato all’ascolto e al rispetto delle sue leggi,piuttosto che alla loro manipolazione e dominio.
Tuttavia nei due atteggiamenti c'erano differenze sostanziali.I greci erano più interessati ai principi primi,alla conoscenza delle parti che costituiscono le cose della natura,mentre in Cina si pensava che la conoscenza e l'autorealizzazione dovessero orientarsi all'ascolto delle interne armonie tra le parti costituenti.I greci,insomma,erano un po’ come i bambini caucasici dello studio di Kagan (2010),che manifestavano una maggiore eccitazione nervosa e un agitato stupore davanti a un giocattolo;davano l’impressione di volerlo possedere o smontare nelle sue parti a differenza dei bambini asiatici che si agitavano e scalciavano molto meno e lo esaminavano con calma come se cercassero di captarne la sua essenza attraverso una distaccata  passività dei sensi. 
Affermare che i differenti atteggiamenti dipendano da differenze genetiche tra i due assetti nervosi,non vuol dire ridurre la filosofia occidentale a una trasduzione meccanica sul piano logico linguistico delle proprietà dell'allele di lunghezza media per la serotonina e quella orientale di quello corto,ma solo affermare che la complessa azione di questi alleli sulla distribuzione dei livelli di attività dell’adrenalina,della noradrenalina e della dopamina,influenzando profondamente i sistemi nervosi simpatico e parasimpatico,le funzioni emotive e cerebrali,può arrivare a esprimersi,attraverso ulteriori casuali variazioni epigenetiche individuali,anche sul piano della coscienza riflessiva.
Intanto non v’è dubbio che razionalisti,empiristi,edonisti o stoici sono esistiti sia in oriente che in occidente,ma essere ‘razionalisti’ o ‘edonisti’ o ‘stoici’ nella Cina antica non era la stessa cosa che esserlo in Grecia.
Per il razionalista Platone i sensi non erano di grande aiuto alla conoscenza,anzi potevano portare solo fuori strada;come noto finì per attribuire loro una realtà distinta e opposta a quella delle idee,alla conoscenza intelligibile e alla scienza. Per un confuciano il razionalismo implicava un adattamento al mondo,attraverso una commistione di processi sensibili e razionali,di corpo e anima,che metteva in primo piano la dinamicità involutiva o evolutiva dovuta alle complementarietà di energie in opposizione.
L’oggettivismo (empiristico) di Aristotele cercherà di rimediare all’estremismo del  maestro,ma in sostanza senza cambiare le carte in tavola;intese la natura come divenire continuo di forme,ma attribuì ancora al movimento la loro radice,una posizione trascendente rispetto alla natura.Niente da fare;è probabile che l’allele medio veicoli processi che portano a rappresentazioni mentali di un Sé sempre esposto alla  drammatica contrapposizione tra opposti dove l'Io conoscente fa da arbitro,mentre l’allele corto veicola processi che portano alla contemplazione dell’unità dell’universo che contiene gli opposti e lo stesso Sé;da ciò dipende anche l’irrilevanza di quest’ultimo,la sua natura puramente concettuale da trascendere attraverso conoscenze d’ordine superiore.
Poniamo che siano i processi indotti da queste differenze epigenetiche  strutturali a fissare i cardini delle differenti memosfere,all’interno delle quali evolverà poi storicamente la cultura nelle sue varie forme;ovvero che una memosfera come costellazione di abitudini, apprendimenti,rituali e aspettative condivise di un popolo preceda la nascita dei differenti linguaggi simbolici e dell’autocoscienza.Allora le memosfere,proprio in quanto preesistono alle coscienze,saranno molto refrattarie al cambiamento,esercitando una pressante azione di regolazione sull’apporto dei contenuti di coscienza,cioè sui prodotti dalle elaborazioni controllate delle menti,selezionando i contributi di ‘specializzazioni’ differenti (e in competizione ) che hanno i loro automatismi di base negli equilibri tra BIS,BAS e FFFFS (Gray,1982,1995) (Corr,2004,2010) e nei  loro casuali modellamenti epigenetici.
E' evidente che la memosfera orientale ha mostrato una più durevole stabilità nei secoli rispetto a quella d'occidente.In quest'ultima,per esempio,la diffusione dei fantasiosi racconti mediorientali su un Dio fuori dal mondo e creatore della terra corroderanno in breve tempo le norme della sua etica aristocratica e il suo senso della misura riguardo alla fiducia di poter dominare la natura.In Grecia le ‘mentalità’ dell’oggettivismo,a parte lievi differenze interne,erano state le prime a dare rilievo alla tecnologia,sebbene sempre all’interno di una memosfera in cui era pur sempre madre natura a dominare con le sue leggi senza appello.La natura rimaneva immutabile dietro ogni decisione umana,lo sfondo di un universo in cui l’uomo era ospite,non padrone.Per Erone di Alessandria o Archimede le macchine restavano prodotti minori del pensiero,opere servili,adatte a divertire o al massimo  ad essere utili;la natura era ancora considerata una potenza sovrastante che conteneva uomini, dei e macchine,inimitabile da qualsiasi congegno e artificio meccanico.
Solo qualche secolo dopo l’inizio dell’espansione dei racconti ebraico-cristiani,i riferimenti della memosfera cambiarono.Gli assunti dell’Io pensante platonico separato dai processi naturali della materia furono usati a sostegno dell’idea che la natura fosse la creazione di Dio,il prodotto della sua volontà indipendente e superiore,e che questo Dio generoso ed esigente la consegnava ora nelle mani dell’uomo,suo figlio prediletto,affinchè la dominasse con l’intelligenza e la tecnica.
Il ponderato pessimismo che il mondo greco aveva mostrato davanti al potere dell'uomo sulla natura tramontò.Sedotti dalla fede nella vita dell'anima oltre la morte,dai temi della redenzione e della salvezza gli occidentali avrebbero presto allestito connessioni tra conoscenza  e religione che avrebbero cambiato radicalmente le proprietà del tempo e dello spazio terreni.Come per la religione,infatti,il passato,contrassegnato dal peccato originale,è male,il presente è redenzione e riscatto,il futuro è salvezza,così allo stesso modo per la scienza il passato è un male da imputare all’ignoranza,il presente è riscatto reso possibile dalla conoscenza e dalla ricerca,il futuro è speranza dischiusa dal progresso scientifico (Galimberti,2002) 
Più o meno nello stesso periodo in cui i memi del monoteismo ebraico invasero e si appropriarono del razionalismo platonico,anche il Buddismo fece il suo ingresso in Cina,ma qui la sua convivenza col razionalismo confuciano,interessato alla società e al suo governo invece che al distacco buddista dal mondo,non produsse contaminazioni rivoluzionarie;il buddismo fu soltanto tollerato grazie a una certa sintonia con le visioni del soggettivismo taoista.
In occidente invece l’espansione nella cultura del fanatismo monoteistico, antiedonistico e antimaterialistico che aveva avuto le sue lontane origini tra gli agricoltori e i beduini della penisola arabica ossessionati dalla corruzione di Babilonia,aveva cominciato a cambiare visioni generali e atteggiamenti.l predicatori moltiplicarono i loro adepti e presto un intero popolo cominciò a montarsi la testa.I nuovi memi acquisirono un tale potere che nello spazio di tre secoli intellettuali,filosofi e funzionari si convinsero che era finalmente giunto il momento di esportarli in tutto il mondo per rendere gloria a Dio.In oriente ebbero un primo salutare shock: ”Entrate pure” gli fu detto “ma lasciate fuori i vostri filosofi e il vostro Dio…mostrateci solo  le vostre invenzioni e le vostre macchine”.I gesuiti dedussero che i cinesi non erano abbastanza eruditi,piuttosto di concludere che forse ciò che istruiva le menti era qualcosa di differente dalla volontà di Dio.
Ma il loro fanatismo era comprensibile:s’erano lasciati alle spalle un mondo in cui la nuova scienza era in pieno sviluppo;dove la logica dell’oggettivismo e l’ingegneria erano ormai considerate le principali alleate dell’uomo per il controllo della natura.
Le macchine non erano più un semplice sollievo al dolore e alla fatica umane,ma imitazione dei meccanismi della natura stessa,un mezzo nelle mani dell’uomo per contrastare il suo potere e fonte di ispirazione per lo studio e l'imitazione dei suoi meccanismi interni.Verso il 1400 in occidente l’esibizione di automi meccanici raccoglievano ovunque stupore e ammirazione.Il Leone Semovente e il  Cavaliere Meccanico in Armatura di Leonardo destavano meraviglia in tutte le corti di principi e re.Nel Rinascimento s’era diffuso il loro culto;i trattati di Erone di Alessandria furono pubblicati e tradotti in latino e in italiano e nei giardini d’ogni corte europea videro la luce meravigliosi marchingegni idraulici o pneumatici che incantavano gli osservatori.Da lì a poco sarà Cartesio,il moderno razionalista,a cogliere lo spirito della modernità e a fissare la logica della nuova mentalità scientifica;suggerì tra l’altro che i corpi degli animali altro non erano che complesse macchine che l’uomo poteva ricostruire con pulegge,ingranaggi e pistoni.In altre parole i più segreti meccanismi biologici della natura,compresi quelli dell’organo degli organi,come la nostra mente,potevano essere ricostruiti attraverso marchingegni che  potevamo veder funzionare tra le nostre mani e davanti ai nostri occhi. Cartesio sarà il primo ad attribuire alla costruzione degli automi perfino una portata conoscitiva,e a ragione alcuni oggi lo considerano l’antesignano del computer, l’automa dei nostri tempi,con cui  le scienze cognitive intendono riprodurre e studiare il funzionamento del cervello e della mente (Bara.B.G, 1990).
Nelle terre dell’ ’allele corto’,filosofi, principi e funzionari mostravano di non capire l’entusiasmo eccitato degli intellettuali mediterranei,ma non perché mancassero di mentalità orientate all’oggettivismo razionalistico o empiristico (che sommariamente erano espresse nella scuola  confuciana e in quella moista),o quelle del soggettivismo (che si esprimevano nel taoismo,dalle sue visioni prevalentemente ‘stoiche’ a quelle ‘edonistiche’ di  Yang Zhu),ma perché negli assunti della loro cultura non operavano  i trascinanti dualismi ‘orizzontali’ tra soggetto e oggetto,tra causa ed effetto,tra passato e presente,Io e oggetto, ecc..
La metafisica d’oriente,‘verticale’,globalistica e inclusiva era più orientata a svelare i
significati della sincronicità degli eventi del presente in un universo che si autocrea ed evolve e dove l’uomo poteva realizzarsi sintonizzandosi col mutamento nella dinamica degli opposti.Nella memosfera orientale le tre dottrine (il confucianesimo,il taoismo e il buddismo) rimasero indipendenti e interagenti,e sono tuttora assimilate a un tripode che non starebbe in piedi se venisse spezzata una gamba:il buddismo serve a guidare la mente,il taoismo la persona,il confucianesimo la società. Dal momento che la mente,la persona e la società hanno tutte bisogno di un governo oculato,allora nel mondo era necessaria l’opera di ognuno di questi insegnamenti morali.
La Cina è sempre stata refrattaria all’evangelizzazione;se il buddismo fu una dottrina tollerata per la sua apertura,il cristianesimo fu apertamente rifiutato per la rigidità megalomane dei suoi precetti;non meraviglia che pochi anni fa la Repubblica Popolare di Mao arrivò a chiudere perfino le chiese accusandole di essere strumenti dell'imperialismo occidentale.
Anche se l’osservazione dei fenomeni naturali e la loro manipolazione attraverso la conoscenza e la tecnica,precede ovunque le attribuzione dei valori e la loro trasmissione nella memosfera,e seppure il ‘saper fare’ secondo i principi della logica della scienza appartiene a ogni cultura,in quella cinese mancarono i presupposti che potevano agevolare  la loro diffusione come in occidente.
Forse nel rapporto tra mente collettiva e menti individuali,valgono leggi simili a quelle che in un individuo regolano il rapporto tra gli automatismi inconsci e la mente autocosciente.Come la coscienza individuale è sempre in ritardo rispetto all’infinita serie di accurate e complesse operazioni pratiche portate a compimento con le sole capacità automatiche della mente inconscia,così anche le leggi codificate nella mente esterna condivisa,nella memosfera,sia essa sotto la supervisione del Logos o di quella del Tao,è sempre ‘in ritardo’ rispetto alle elaborazioni consapevoli delle menti individuali.Questo ‘ritardo’ è da attribuire alla particolare funzione della corteccia cerebrale  come mediatrice tra il mondi interni e la memosfera che le è propria;su di essa i memi dominanti della 'mente esterna' esercitano un’assidua pressione per suggerire i codici simbolici con cui devono essere espresse le idee,siano esse di tipo morale,artistico o scientifico.Forse è per questa ragione che gli innovatori in ogni disciplina sono sempre le personalità ‘estreme’,le meno psicologicamente equilibrate,le più divergenti dalle norme correnti;quelle cioè che in una ipotetica curva gaussiana sono le più lontane dalla media,dove sono raccolte quelle che ‘pensano’ secondo regole condivise.In occidente,a differenza che in oriente,non è mai venuta meno l’attesa e la venerazione popolare per personalità egocentriche devianti.
L’influenza della filosofia e del pensiero dell’antica grecia sulla nascita della scienza fu sopravvalutata dai missionari cristiani,sinceramente convinti che quel sapere fosse una qualità esclusiva delle menti d’occidente.L’enfasi di questa propaganda cominciò ad attenuarsi solo verso la seconda metà dell’800,quando,ad esempio,lo storico Oswald Spengler concesse che ogni grande civiltà produceva le proprie forme di scienza,e che comunque queste erano così strettamente legate alle ripettive culture da non poter essere trasmesse oltre i loro confini:l’unica eccezione fu quella del mondo occidentale,il quale era riuscito a produrre l’unica forma universalmente valida e comunicabile di scienza.Oggi,anche grazie al contributo dell’opera di Joseph Needham,che impegnò tutta una vita a far conoscere all’occidente le radici della scienza cinese e a elaborare una storia della scienza,della tecnologia e della medicina in cui trovavano posto tutte le culture del mondo,prevale l’idea che le idee scientifiche possono svilupparsi ovunque e possono essere trasmesse da una cultura all’altra.Ritenne che l’apporto delle correnti più antiche della scienza delle diverse civiltà alla scienza moderna poteva essere considerato analogo a quello che i fiumi forniscono all’oceano.La scienza moderna era quindi costituita dai contributi di tutte le popolazioni del mondo antico,che sono confluiti in essa con continuità,dall’antichità greco-romana,dal mondo arabo,e dalle culture della Cina e dell’India (J.Needham, 1967)
Come ogni cultura  ha una propria arte,una propria idea dell’etica pubblica e della politica,così possiede anche una propria scienza e una propria tecnologia che vengono definite dalle architetture simboliche della memosfera,acquisendo pesi e significati che le sono propri. Se nonostante queste gabbie simboliche i contributi scientifici di ogni popolo confluiscono nel mare della conoscenza universale svincolandosi da quelle limitazioni,allora forse non sono le differenti visioni cosmologiche,siano esse dominate  dal Logos,dal Tao o dai Veda e dai corrispondenti sentimenti del rapporto tra il sè e la natura che informano il comportamento e il pensiero  scientifici,ma specifiche qualità epigenetiche funzionali di menti a priori orientate all’osservazione dei fenomeni naturali del mondo fisico,e che ovunque potranno produrre un pensiero e una tecnologia per l’oceano di Needham.
L’indipendenza della  psicobiologia delle menti nell’evoluzione delle culture storiche delle differenti memosfere vale anche per le visioni soggettivistiche,sia  stoiche che edonistiche.Quelle edonistiche,che ovunque condividono i tratti del materialismo e dell’ateismo,della critica al razionalismo e allo stoicismo, fiorirono in India,in Cina e nella Grecia antica tra il 6° e 3° secolo a.c.In India furono espresse dai filosofi della dottrina Charvaka (forse da Brihaspati nel 6 sec. a.c.) una scuola di cui non fu preservato alcun testo (le tracce più recenti risalgono al 1400) e che fu tenecemente combattuta dai filosofi dell’Induismo;in Cina dal filosofo Yang Zhu (4° secolo a.c), avversario di Mo Zi;nell’antica Grecia da Aristippo di Cirene (4° sec a.c),un allievo di Socrate,che nacque in Libano,visse in Grecia e finì la sua vita in Sicilia,e poi da Epicuro (3° sec a.c),la cui opera Platone non degnò nemmeno di una nota considerandola evidentemente una degenerazione del pensiero. L’origine delle idee di Epicuro risaliva comunque alle filosofie atomistiche del 4° secolo a.c di Leucippo e Democrito,contemporanei di Yang Zhu.
E’ improbabile che queste mentalità 'soggettivistiche' e 'oggettivistiche' si siano sviluppate e diffuse tra oriente e occidente attraverso la trasmissione culturale.Più verosimile è che siano nate come invenzioni indipendenti nei tre popoli ,nonostante la diversità degli ambienti e delle loro memosfere,cioè come rappresentazioni generate da menti con specializzazioni epigenetiche simili anche se operavano in condizioni ecologiche e culturali molto distanti.